La carica dei demolitori

Napoli-

Di Roberto Castaldo, Webmaster di questo sito – 19-10-2007

L’anno 2007 verrà forse ricordato come l’anno dell’antipolitica, e di una gran varietà di eventi, manifestazioni e personaggi che – a torto o a ragione – hanno deciso di contrapporsi apertamente e con forza allo status-quo del mondo politico-istituzionale ed alla gestione del “potere” in Italia.

Si tratta indubbiamente di un segnale che indica uno stato di insofferenza, e che si è prestato ad innumerevoli interpretazioni da parte di tutte le parti in causa.

Questi movimenti di pensiero sono talvolta stati forieri di proposte concrete, magari provocatorie, ma comunque specchio di un gran numero di cittadini ed intellettuali che si pongono in maniera propositiva davanti ad un problema: si individua ciò che non va e si avanzano proposte per mutare lo stato delle cose.

Ben diversa è la situazione che fa capo alla – tristemente grande – moltitudine di coloro per cui l’importante è protestare sempre e comunque, l’importante è dire che le cose non vanno e che dovrebbero “essere fatte meglio”, poco importa se neanche loro sanno come. In tutti i settori legati alle attività umane c’è chi opera concretamente, magari sbagliando, e si mette in gioco ogni giorno alla ricerca di soluzioni ai problemi che incontra, o anche semplicemente portando a termine il proprio lavoro quotidiano nella maniera migliore. Ma c’è anche chi si è ritagliato il comodo mestiere di “bastian contrario”, chi ha imparato a dire “NO” e non riesce a far altro che a sollevare problemi a tutte le ore del giorno, tanto a risolverli ci penserà sempre qualcuno. Qualcun altro!

E questo capita – sarebbe strano il contrario – anche nel mondo dell’informatica, di internet, del Web. Capita tra gli sviluppatori di siti Web e tra chi si occupa come me di formazione (per passione, mestiere o entrambe le cose). E capita quindi di partecipare a seminari e conferenze in cui il grande accademico di turno non riesce a far di meglio se non a dire che “le cose non vanno affatto bene” e a lanciar accuse ed invettive nei riguardi di chi lavora da anni alla ricerca di soluzioni, e troppo spesso queste persone non trovano il giusto contraddittorio perché riescono a dire cento non-verità in cinque minuti, ciascuna delle quali meriterebbe discussioni e confutazioni approfondite. Ma a loro non importa niente, quel che serve è sollevar fumo e non certo aprirsi al confronto.

Per esempio, nel gennaio del 2004 è stata promulgata una interessantissima e – secondo me meritoria – legge, la Legge 4/2004 del 9 gennaio 2004, detta Legge Stanca dal nome del Ministro che l’ha firmata, sull’accessibilità dei siti Web della Pubblica Amministrazione in Italia. Questa normativa obbliga tutte le PA italiane a migliorare la qualità dei propri siti Web e ad adeguarli a 22 requisiti tecnici che ne garantirebbero la piena fruizione da parte di tutti gli utenti, anche disabili. Ora, se proviamo a chiederci qual è lo stato dell’accessibilità del Web in Italia dopo l’emanazione di questa legge, la prima cosa che salta agli occhi è che la gran parte delle pubbliche amministrazioni che avrebbero l’obbligo di ottemperare ai requisiti di legge non si è ancora mossa fattivamente in questa direzione, o lo ha fatto secondo metodologie e strade quanto meno discutibili. Questo è un dato di fatto, basta navigare un po’ fra i vari siti di ministeri, comuni e regioni.

Il problema è che in presenza di questa situazione c’è chi si pavoneggia con il più classico dei “si stava meglio quando si stava peggio”, e va in giro per seminari e convegni spargendo disinformazione e sconforto, divertendosi a scoraggiare i più. E c’è chi parte dallo stato delle cose, si rimbocca le maniche investendo il proprio tempo e la propria professionalità, prova a trovare e a proporre strade da percorrere e soprattutto si apre al confronto con il resto del mondo.

Allora, è sufficiente dire – magari con il cipiglio del navigato esperto – che “lo stato del Web in Italia è migliorato in maniera minima dopo l’introduzione della legge Stanca, quindi la legge non serve a niente”? A che serve? A chi serve? O si dovrebbe invece evitare la confusione tra la legge e chi non la rispetta, provando a dare informazioni e suggerimenti affinché l’applicazione consapevole dei requisiti di legge sia meno complessa? Insomma, distruggere è incredibilmente facile quando non si è mai fatto nulla di serio e di concreto, e questo lo sanno bene tutti coloro che hanno fatto della distruzione, dell’anti-informazione e dell’anti-cultura il loro vero ed unico cavallo di battaglia. La verità è che fare cultura (provarci almeno) è molto difficile, soprattutto quando si tratta di mettere in discussione abitudini e metodologie operative sin troppo consolidate e di aprire nuove strade.

Per restare nel mio personale ambito professionale, parlare di accessibilità del Web e di progettazione universale ad un pubblico di tecnici può essere facile e piacevole, ma farlo ad un gruppo di tecnocrati non lo è affatto; confrontarsi su questi argomenti con dei manager aperti all’innovazione ed alle esigenze degli utenti può essere difficile ma stimolante, farlo con degli ottusi burocrati è frustrante e soprattutto rischia di essere inutile.

Progettare e costruire qualcosa di utile e duraturo richiede la conoscenza e l’applicazione di regole, la consapevolezza del proprio ruolo ed il rispetto di quello altrui, ed il più delle volte richiede sforzo fisico e/o intellettuale. Distruggere quel che altri hanno fatto è maledettamente facile, basta picconare materialmente o virtualmente… prima o poi qualcosa va giù! E questo vale anche per internet e per il Web! Ma mai nulla di buono – soprattutto sul Web – è nato senza quelle parole chiave che sono: comunicazione, condivisione, apertura ed umiltà. Quell’umiltà che manca ai paladini dell’anti-informazione, ad alcuni tecnici e a tanti accademici più o meno illustri che non hanno ancora capito quanto misero e ridicolo sia il loro orticello

Pubblicato in La nostra opinione e taggato , .