Napoli- “ILL.MO GIUDICE DELL’UDIENZA PRELIMINARE DEL TRIBUNALE DI … DOTT. …
Eccezione di nullità e/o questione di legittimità Costituzionale.
Il sottoscritto difensore di fiducia di …, imputato come in atti nel proc. Pen. N° … R.G.n.r. e N° … R.G.gip., la cui Udienza preliminare è fissata per il giorno …, espone quanto segue: in data … lo scrivente riceveva giusto mandato difensivo dal sig. … per il proc. Pen. N° … R.G.n.r.
Essendo detto imputato cieco assoluto come da documentazione che si allega alla presente, lo scrivente eccepisce la nullità dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, non solo perché lo stesso atto non è stato trascritto in braille, ma anche perché esso è stato preceduto da una richiesta di rinvio a giudizio ugualmente non trascritta in braille, quindi nulla anch’essa; ma vi è di più: quest’ultimo atto, non solo è nullo per i motivi di cui sopra, ma anche perché è stato preceduto da un avviso di interrogatorio anch’esso non trascritto in braille e quindi nullo anch’esso.
Tale avviso, però, deve essere ritenuto nullo, non solo per gli stessi motivi di cui sopra, ma anche perché preceduto dall’atto di cui all’articolo 415 bis, affetto dalla medesima nullità degli atti succitati, per le medesime ragioni degli stessi.
Per questi motivi, si eccepisce la nullità di tutti gli atti di cui sopra e si chiede la trasmissione degli atti al P.M., alla fase precedente all’emissione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari.
In subordine, se l’ill.ma S.V. dovesse rigettare l’eccezione di nullità degli atti processuali in parola, si solleva una questione di legittimità costituzionale del combinato disposto del 1° comma dell’articolo 419 ed il 3° comma dell’articolo 109 C.P.P. per contrasto con gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevede anche che, in caso di imputato cieco (appartenente o meno a minoranze linguistiche riconosciute), tutti gli atti processuali, compresi l’avviso della richiesta di rinvio a giudizio e l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, sono nulli se non sono trascritti in braille.
L’eccezione di nullità e la conseguente ed eventuale questione di legittimità costituzionale, a modesto avviso dello scrivente, non solo appaiono manifestamente fondate, ma anche assolutamente rilevanti; infatti, proprio l’articolo 109 del codice di rito, prevede, per gli imputati appartenenti alle minoranze linguistiche riconosciute, la traduzione degli atti processuali nella loro lingua, prevedendone, in caso contrario, addirittura la nullità; tuttavia, la succitata norma ignora che un imputato non vedente, pur se appartiene ad una minoranza linguistica riconosciuta, non possa, ugualmente, prendere conoscenza degli atti processuali notificatigli, atteso che la difesa penale è personale ed il braille, pur non essendo una lingua ma un metodo di scrittura, deve, necessariamente, essere equiparato ad una lingua, essendo l’unico “sistema” veramente idoneo per mettere a conoscenza di un disabile visivo un documento scritto.
Inoltre, si precisa, che se è vero come è vero che una tale situazione può penalizzare, ad esempio, anche un avvocato privo della vista e di fatto almeno in parte lo fa, è anche vero che un imputato con il medesimo handicap ha il diritto e la possibilità di farsi assistere da un professionista vedente, ma non può in nessun modo cambiare il proprio “status” processuale.
D’altra parte, un’importante pronuncia della IV sezione del Consiglio di Stato, (Sentenza n° 2345 del 19 aprile 2000), in relazione al problema della tutela delle minoranze linguistiche nel procedimento innanzi la Commissione Centrale di riconoscimento dello status di rifugiato politico, ha ribadito con chiarezza e nettezza il diritto anche dello straniero ad essere posto nella condizione di comprendere ogni atto che, provenendo sia da un’Autorità giurisdizionale che da organi amministrativi (nella fattispecie la Commissione Centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato politico), abbia forza e capacità di incidere su un suo diritto soggettivo; ma vi è di più: anche la Corte Costituzionale, con la nota Sentenza n° 10 del 1993, ha affermato il principio che la mancanza di un obbligo espresso di traduzione nella lingua nota all’indiziato, non può affatto impedire “l’espansione della garanzia assicurata con l’art. 143 co. 1 c.p.p., in conformità ai diritti riconosciuti dalle convenzioni internazionali, ratificate in Italia e dall’art. 24 co. 2° della Costituzione”.
Il principio cesellato dalla pronuncia del giudice delle leggi integra, indubitabilmente, il diritto più ampio e completo alla difesa, con ciò intendendosi la possibilità per l’indagato/imputato di recepire e comprendere espressamente le accuse mossegli, nonché la relativa violazione di legge e, su tale abbrivio, poter contestare e contraddire efficacemente le stesse.
La giurisprudenza di legittimità, poi, ha affermato (Corte di Cassazione Sezione III Sentenza n° 1527 del 8/9/1999), che anche l’ordinanza di custodia cautelare come il decreto di fissazione del giudizio, infatti, è un atto di fronte al quale l’indagato straniero che non comprendesse la lingua italiana potrebbe esser pregiudicato nel suo diritto di partecipare al procedimento a suo carico libero nella persona, in quanto, non comprendendo cosa in esso scritto, non sarebbe posto in grado di valutare né quali siano gli indizi ritenuti a suo carico (e quindi difendersi con riferimento agli stessi) né se sussistano o meno i presupposti per procedere all’impugnazione dell’ordinanza per nullità ai sensi dell’art. 292 comma 2 c.p.p.
Successivamente, la Suprema Corte ha avuto modo di esprimere il proprio pensiero sull’ispirazione data dalla succitata sentenza 10 del 1993, sia attraverso la IV sezione nel 2004, sia attraverso la Sentenza n° 47035 della V sezione nel medesimo anno, soffermandosi sul provvedimento custodiale.
Inoltre, anche la UE (Articolo 8 della Direttiva n° 64 dell’ottobre 2010 ed articolo 10 della Direttiva n° 13 del 2012) si è espressa esplicitamente in favore dell’assistenza linguistica dei cittadini stranieri nel processo penale.
Quanto sin qui esposto, in un sistema processual penalistico che, giustamente, tutela i diritti processuali di appartenenti a minoranze linguistiche riconosciute, stranieri, sordi, muti e sordomuti, non può che rafforzare il diritto del sig. … a ricevere gli atti processuali in braille; infatti, se per il cittadino straniero la non comprensione della lingua italiana è il “Presupposto indispensabile perché vi sia l’obbligo di traduzione dell’atto processuale” atteso che anche la Corte Costituzionale con la Sentenza n° 227 del 2000 ha affermato che la garanzia della effettiva conoscibilità dell’atto viene assicurata, nell’inevitabile limite del possibile, dalla traduzione nella lingua conosciuta o comunque in una delle lingue internazionalmente più diffuse e più accessibili al destinatario e ciò soddisfa anche le condizioni previste dall’art. 6 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo del 1950 e dall’art. 14 del patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, la trascrizione in braille dello stesso atto deve avere come unico presupposto la cecità, la quale, nel caso di specie, non solo è ampiamente provata e documentata, ma è anche assoluta.
D’altra parte, se un’azienda si ritiene eticamente veramente sana non solo dagli utili ottenuti ma anche dalla qualità del prodotto, dal benessere garantito ai propri dipendenti e per il fatto che per generare quei redditi non ha fatto luogo allo sfruttamento di esseri umani, una Società per definirsi veramente “giusta” (Cfr. https://www.studiolegalefava.com/handicap_giustizia.asp), deve porre molta attenzione, risolvendoli, ai problemi dei concittadini più bisognosi, uscendo definitivamente da una cultura del “diverso” che in Italia è ancora molto mediocre.
Per raggiungere tale risultato, però, se da un lato lo Stato latita colpevolmente con una irritante vacatio legis, dall’altro non può e non deve continuare a farlo anche con un’assurda “assenza” Giurisprudenziale, atteso che, in molti casi, proprio la Giurisprudenza, giustamente corre in aiuto del Legislatore, colmando le lacune di quest’ultimo; altrimenti, a cosa è servita l’istituzione della giornata nazionale del braille che si celebra ogni anno il 21 febbraio (Legge 126/2007), se poi tale importante metodo di scrittura non viene utilizzato per il rispetto dell’unico vero diritto di un imputato cieco: la conoscenza degli atti processuali che gli riguardano e quindi la propria difesa?
In conformità con quanto sin qui esposto, vorrà codesto ill.mo Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Torre Annunziata, accogliere l’eccezione di nullità dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare e di tutti gli atti ad esso precedenti e trasmettere gli atti al P.M. nella fase precedente all’emissione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari perché, per il sig. … non solo non è trascritto in braille, ma è anche preceduto da altri atti: richiesta di rinvio a giudizio, avviso di interrogatorio ed avviso di conclusione delle indagini preliminari ugualmente non trascritti in braille e quindi nulli anch’essi.
In subordine, vorrà codesto ill.mo Giudice, considerare fondata e rilevante la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto del 1° comma dell’articolo 419 ed il 3° comma dell’articolo 109 C.P.P. per contrasto con gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevede anche che, in caso di imputato cieco (anche se appartenente a minoranze linguistiche riconosciute) tutti gli atti processuali, compresi l’avviso della richiesta di rinvio a giudizio e l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, sono nulli se non sono trascritti in braille”.
L’eccezione/questione di cui sopra è stata completamente rigettata dal Magistrato in udienza; ma vi è di più, anche il P.M. si è opposto.
Cosa succederà in futuro non posso saperlo, ma puoi giurarci… NON FINISCE QUI!!!