La grande illusione

Napoli- Il 27 dicembre 2006, il Parlamento italiano ha approvato il testo definitivo della Legge n.296 (Legge finanziaria 2007). Tale norma è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27-12-2006- Suppl. Ordinario n.244.

Il governo Prodi, presentando le novità che avrebbe apportato La finanziaria 2007, prima e durante l’iter parlamentare per l’approvazione della stessa, ha parlato di manovra equa, mirante ad attaccare i “ricchi” per dare ai poveri; ma poi, per non subire modifiche sostanziali a quello che sembrava essere diventato un “Vangelo”, per l’approvazione del testo definitivo, è ricorso all’istituto della fiducia.

Questo atteggiamento, pur in presenza di scontate smentite di facciata da parte di tutti gli interessati, ha denotato espliciti ed altrimenti non riparabili contrasti all’interno della già fragile maggioranza parlamentare.

Bisogna dire, però, che agli italiani è andata meglio del previsto; infatti, il Governo era partito annunciando una manovra di 35 miliardi di Euro, per scendere, poi, a 30 e risalire, infine, a 33,4 miliardi di Euro.

Qualcuno, all’interno della componente governativa, indicava come imprescindibile per la approvazione della legge finanziaria 2007, la diminuzione sotto il tetto dei 30; ma vi è di più: prima della “stangata” in esame, non è stata nemmeno tentata la strada per stabilizzare il debito ed aprire, con l’Unione Europea, un contenzioso per l’allungamento dell’intervento sul deficit al fine di dare più rigore alla ripresa economica e alla lotta all’evasione fiscale.

L’analisi della finanziaria 2007, per non stancare chi legge ed atteso che lo scrivente non è un economista, non sarà dettagliata ma si limiterà esclusivamente alla sottolineatura di alcune lacune o, peggio, decisioni quantomeno discutibili della maggioranza politica al potere oggi in Italia.

Ciò premesso, illustriamo una prima novità: al testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917 e successive modificazioni, è apportata la seguente modificazione: all’articolo 10, comma 1, lettera b), dopo il primo periodo (che si risparmia al lettore), è inserito il seguente: «Ai fini della deduzione, la spesa sanitaria relativa all’acquisto di medicinali deve essere certificata da fattura o da scontrino fiscale contenente la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e l’indicazione del codice fiscale del destinatario.

A tale proposito, non si può non obiettare che, soprattutto nelle periferie ed in molte realtà meridionali, dove tutti conoscono tutto e tutti, (quindi anche il farmacista) è un impresa ricevere una fattura o uno scontrino, figurarsi se la stessa deve essere così dettagliata.

Il superamento di tale ostacolo, però, deve e potrebbe essere dettato dal buon senso e dall’onestà del farmacista; ma tutti coloro che acquistano in una farmacia quanto sopra, hanno un codice fiscale con sé?

Se sì, anche tutti gli anziani?

Tale novità, in ogni caso, avrà efficacia a decorrere dal 1 luglio 2007.

Immediatamente, però, le perplessità espresse sopra trovano una risposta all’italiana proprio nel dettato legislativo; infatti, scorrendo il testo si legge: “Fino al 31 dicembre 2007, nel caso in cui l’acquirente non sia il destinatario del farmaco, non ne conosca il codice fiscale o non abbia con sé la tessera sanitaria, l’indicazione del codice fiscale può essere riportata a mano sullo scontrino fiscale direttamente dal destinatario.

Tale situazione autorizza a pensare che, almeno per ora, sarà difficile “controllare” l’attività dei farmacisti sotto il profilo fiscale e, laddove essa fosse apparentemente regolare, come si fa ad essere sicuri di non trovarsi in “odore” di falso relativamente all’apposizione manuale del codice fiscale sullo scontrino ad opera dell’effettivo destinatario degli acquisti?

Passiamo adesso alla descrizione di una disposizione quantomeno grottesca; infatti, il governo democratico, vicino ai poveri o deboli in genere, quello che ha deciso di lottare l’evasione fiscale senza spendere mai una parola contro il Pubblico Impiego spesso assenteista e nel contempo esercitante un doppio o addirittura triplo lavoro ovviamente a nero, è arrivato addirittura a correggere, nella finanziaria in esame, quanto esso stesso ha stabilito in ordine alle modalità di pagamento dei liberi professionisti; infatti, modificando l’articolo 35 del Decreto-Legge 4 Luglio 2006 n. 223 convertito, con modificazioni, nella Legge 4 Agosto 2006 n. 248, (leggi l’articolo “tra Fantascienza e Realtà di questa Sezione) ha sostituito il comma 12-bis affermando: «il limite di 100 Euro di cui al quarto comma dell’articolo 19 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 Settembre 1973 n. 600 introdotto dal comma 12 del presente articolo, si applica a decorrere dal 1 luglio 2009”, precisando, poi, che “Dalla data di entrata in vigore della legge di conversione di detto decreto e sino al 30 Giugno 2008 il limite è stabilito in 1000 Euro.

Dal 1 Luglio 2008 al 30 Giugno 2009 il limite è stabilito in 500 Euro.”

Il gesto è sicuramente apprezzabile anche se resta fantascientifica l’applicazione di una siffatta disposizione di legge in certe realtà soprattutto dal luglio 2009 in avanti; ma può essere considerato attendibile un governo che corregge se stesso a distanza di pochi mesi?

Inoltre, in un Paese dove si muore ancora per una sostituzione della valvola mitrale (intervento definito di routine) o di appendicite (intervento considerato banale), dove la degenza ospedaliera spesso è trascorsa in barella, dove al di fuori dell’orario di visita, nei reparti è vietato l’ingresso ai parenti anche stretti dei pazienti, ma non sembra esserlo ai venditori ambulanti, barboni e rom, è giusta la decisione adottata dall’oggetto del presente articolo, di introdurre un’altra tassa sulla sanità e precisamente quella sancita dall’articolo 1 comma 170 della legge 30 dicembre 2004 n. 311, che termina affermando: “sentite le società scientifiche e le associazioni di categoria interessate, a decorrere dal 1 gennaio 2007, per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale gli assistiti non esentati dalla quota di partecipazione al costo sono tenuti al pagamento di una quota fissa sulla ricetta pari a 10 Euro. Per le prestazioni erogate in regime di pronto soccorso ospedaliero non seguite da ricovero, la cui condizione è stata codificata come codice bianco, ad eccezione di quelli afferenti al pronto soccorso a seguito di traumatismi ed avvelenamenti acuti, gli assistiti non esenti sono tenuti al pagamento di una quota fissa pari a 25 Euro.

La quota fissa per le prestazioni erogate in regime di pronto soccorso non è, comunque, dovuta dagli assistiti non esenti di età inferiore a 14 anni.

Sono fatte salve le disposizioni eventualmente assunte dalle regioni che, per l’accesso al pronto soccorso ospedaliero, pongono a carico degli assistiti oneri più elevati”!

Quanto appena scritto, tramuta un dubbio in una certezza: Non solo al governo Prodi non sta a cuore lo stato “comatoso” in cui versano i nosocomi italiani e soprattutto quelli meridionali; ma farsi male senza necessariamente essere in pericolo di vita, è vietato agli adulti che appartengono proprio a quelle classi sociali alle quali il centro-sinistra dice di essere più vicino.

Tutto ciò, unito all’evidente divario tra le Regioni della nostra penisola ed all’idea che ha sempre avuto l’Ulivo ed i suoi alleati sulle privatizzazioni, lascia quantomeno basiti!

Quelle illustrate, sono solo tre delle “belle” novità apportate dalla finanziaria 2007, ma lo scempio non è finito; tuttavia si vuole dare al lettore la possibilità di riflettere su quanto esposto indipendentemente dal colore politico e poi, se si ha ancora voglia, continuare, in altra sede, a spulciare le altre “sorprese”!

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