Napoli- L’Italia sta diventando sempre più il “regno” delle incoerenze; infatti, da un lato permette la vendita delle sigarette, dall’altro emana leggi antifumo; da un lato riscuote la tassa di possesso, dall’altro permette che i comuni infliggano ai cittadini divieti di circolazione con veicoli a motore ad eccezione di alcune (troppe) categorie; da un lato parla di voler risolvere il problema del precariato nel lavoro, dall’altro permette (o ne è colpevolmente complice) che, persone prive di qualsiasi titolo, insegnino con contratti a tempo determinato più lunghi di chi, pur essendo precario, non solo ne ha i titoli, ma spesso gli stessi sono molteplici; da un lato sancisce la libertà di culto, dall’altro toglie il Crocifisso dai luoghi pubblici!
Inoltre non ci si deve dimenticare che ci sono politici divorziati o separati, che non solo sono contro le unioni di fatto, ma difendono anche strenuamente la famiglia ed il matrimonio canonico ed altri che pur considerandosi democratici ed antiproibizionisti, vorrebbero mettere a tacere la Chiesa cattolica!
In questo marasma di contraddizioni ed incoerenze (quelle citate sono solo alcune), la giustizia non può, purtroppo, essere considerata un’isola felice! L’albo degli avvocati presso i consigli dell’ordine di tutta la penisola è unico per tutti i legali ad essi iscritti, con la conseguenza quasi automatica (almeno in Campania), che molti professionisti svolgono la propria attività in teoria a trecentosessanta gradi, ma invece, salvi rarissimi casi in cui il difensore è effettivamente un vero Giurista e per preparazione personale, livello culturale, tradizione familiare e serietà professionale può permetterselo, spesso finiscono con il rendere un pessimo servizio all’ignaro cittadino che si rivolge ad essi, dimenticando ogni regola deontologica.
L’istituzione di un albo per ciascuna “categoria” di avvocati, però, non è l’unica urgenza per la giustizia; ma, in questa sede, ci si soffermerà solo sulle contraddizioni della giustizia penale. In tale branca del diritto, infatti, i “talloni di Achille” sono copiosi. Il codice di procedura penale in vigore, è “nato” cercando di porre sullo stesso piano processuale avvocato e P.M.; quindi è sempre più urgente una separazione netta delle carriere tra quest’ultimo e la magistratura giudicante a partire dal concorso di accesso al Potere Giudiziario che, attualmente, è lo stesso sia per diventare inquirente che giudicante; ma vi è di più: il passaggio dall’una all’altra di queste due funzioni, attualmente non solo è molto agevole, ma non prevede neanche un esame.
Un’altra incoerenza della procedura penale italiana, è quella relativa alla difesa di ufficio. Tale Istituto prevede la nomina, da parte dello Stato, di un avvocato a chi ne è sprovvisto. L’incoerenza, però, consiste nell’assurdo che non è prevista anche la retribuzione dello stesso se non a seguito di una lunga ed umiliante azione di recupero del credito e, come se non bastasse, benché la difesa di ufficio sia un beneficio previsto solo per la procedura penale, il legislatore non ha previsto nessun serio sbarramento per l’esercizio della professione forense come difensore di ufficio ai legali normalmente dediti alle altre branche del diritto.
Un’altra spina nel fianco della Giustizia penale è il sistema della custodia cautelare che, tra l’assenza nell’ordinamento italiano dell’istituto della cauzione invece previsto dall’Ordinamento americano ed il “processo all’intenzione” che si fa quando una persona è trattenuta in carcere o agli arresti domiciliari in nome di un presunto pericolo di fuga, inquinamento delle prove o reiterazione del reato, fa spesso scontare pene o ancora da comminare o, nella peggiore delle ipotesi, che non saranno mai inflitte perchè, magari, l’interessato al termine della vicenda giudiziaria che lo riguarda viene assolto o nel frattempo viene a mancare, o il reato si estingue per intervenuta prescrizione!
Ciò, causa allo Stato un notevole dispendio economico, attesa, tra l’altro, la giustissima opportunità offerta alla vittima di quanto sopra, di chiedere un risarcimento del danno (se assolta) per ingiusta detenzione.
Infine, per non sottrarre altro tempo a chi legge, si indica, tralasciando molte altre incoerenze del sistema penale italiano, un’ultima spinosa questione: la certezza della pena. Il sistema penale italiano è molto garantista. Ciò non è e non può essere considerato un problema in uno Stato di Diritto; ma se è vero come è vero che ai sensi dell’articolo tre della costituzione tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, ciò, a modesto avviso di chi scrive, deve valere solo per la fase di cognizione (prima che una sentenza diventi definitiva) del procedimento penale e non anche per la fase di esecuzione (dal momento in cui una sentenza di condanna diventa definitiva all’ultimo giorno di pena), poiché non possono essere riconosciuti gli stessi benefici agli autori di contravvenzioni ed agli autori di delitti e, nell’ambito di questi ultimi, gli stessi “premi” agli autori di delitti efferati ed agli autori di delitti meno gravi.
L’uguaglianza sancita dalla costituzione è così cieca ed utopistica che, se la classe politica non trova il coraggio di riformare almeno in parte l’articolo che la sancisce, tale sacrosanto principio diventa una regola incoerente e la certezza della pena un’utopia! La situazione descritta, poiché piena di incoerenze, autorizza quantomeno a sperare in un intervento deciso del legislatore, affinché la giustizia penale non contribuisca a trasformare quel regno delle incoerenze che sembra essere diventata l’Italia, in un vero e proprio “impero”!